Gomorra : il dipinto di una terra agonizzante
A metà tra un film e un documentario, Gomorra di Matteo Garrone rappresenta un viaggio oscuro nei meandri della camorra. Basandosi su cinque episodi, diversi tra loro ma simili nella sostanza, il regista propone un vero e proprio dipinto della Campania agonizzante in cui non c’è spazio per luci e colori, per speranze e ambizioni, un dipinto fatto di assoluto grigiore e che sprigiona forte un sentimento di totale impotenza.
I personaggi ritratti vivono una realtà che appare come una condanna definitiva, un destino segnato fin dalla nascita e che li condurrà verso l’inevitabile. Per nessuno di essi c’è redenzione, nè l’illusione che possa esserci; e anche per l’unico dei protagonisti che oppone la propria coscienza a tanto squallore, non traspare la ricerca o la speranza di un futuro migliore o di un destino diverso ma solo la consapevolezza di non poter cambiare il sistema.
A differenza dei tanti film proposti sull’argomento, Gomorra sembra, a tratti, voler rinunciare completamente all’azione e addirittura alla storia per concentrarsi maggiormente sul messaggio che attraversa tutta la visione del film : la camorra non è solo nei conflitti a fuoco e nelle sue innumerevoli vittime, non è soltanto nella brutalità e nella violenza ma è anche e soprattutto nella cultura profondamente radicata nel territorio, in quella cultura che propone ai giovani e giovanissimi quella scelta come la sola possibile, quella stessa cultura che vuole tutti schiavi di un unico sistema che considera ogni tipologia di merce come una fonte di guadagno e ogni individuo, consapevole o non, come un ingranaggio del meccanismo. In tale contesto appare di altissimo livello l’interpretazione di tutti i protagonisti, credibilissimi e sempre impegnati in dialoghi di crudo realismo che, con grande efficacia, consentono una quasi costante proiezione empatica dello spettatore.
I personaggi ritratti vivono una realtà che appare come una condanna definitiva, un destino segnato fin dalla nascita e che li condurrà verso l’inevitabile. Per nessuno di essi c’è redenzione, nè l’illusione che possa esserci; e anche per l’unico dei protagonisti che oppone la propria coscienza a tanto squallore, non traspare la ricerca o la speranza di un futuro migliore o di un destino diverso ma solo la consapevolezza di non poter cambiare il sistema.
A differenza dei tanti film proposti sull’argomento, Gomorra sembra, a tratti, voler rinunciare completamente all’azione e addirittura alla storia per concentrarsi maggiormente sul messaggio che attraversa tutta la visione del film : la camorra non è solo nei conflitti a fuoco e nelle sue innumerevoli vittime, non è soltanto nella brutalità e nella violenza ma è anche e soprattutto nella cultura profondamente radicata nel territorio, in quella cultura che propone ai giovani e giovanissimi quella scelta come la sola possibile, quella stessa cultura che vuole tutti schiavi di un unico sistema che considera ogni tipologia di merce come una fonte di guadagno e ogni individuo, consapevole o non, come un ingranaggio del meccanismo. In tale contesto appare di altissimo livello l’interpretazione di tutti i protagonisti, credibilissimi e sempre impegnati in dialoghi di crudo realismo che, con grande efficacia, consentono una quasi costante proiezione empatica dello spettatore.
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